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Asti, riconosciuto il danno biologico a medico gay

Il Tribunale di Asti riconosce il danno biologico a un medico omosessuale

by Veronica Aceti
Riconosciuto risarcimento

Una persecuzione familiare lunga vent’anni

Il Tribunale civile di Asti ha segnato una svolta importante nel riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQIA+, stabilendo che un padre non può distruggere la vita del figlio solo perché ama qualcuno del suo stesso sesso. La sentenza ha riconosciuto il danno biologico subìto da un medico oggi quarantenne, costretto per oltre vent’anni a convivere con l’umiliazione e la denigrazione sistematica da parte del proprio genitore.

Il padre, descritto negli atti come un uomo autoritario e incapace di accettare l’orientamento sessuale del figlio, ha agito con costanza distruttiva, minando l’autostima e la salute mentale del giovane sin dall’adolescenza. Il medico ha raccontato di aver vissuto con la paura di essere sorpreso a sorridere, a esprimere affetto, a vivere liberamente. In casa, ogni segno di gioia veniva represso con sarcasmo, insulti, punizioni.

Il giudice parla di “sofferenza grave e reiterata”

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La pronuncia del tribunale si fonda su perizie psicologiche approfondite, che hanno evidenziato segni clinici di disturbo post-traumatico complesso, disturbi d’ansia e depressione. L’uomo ha tentato per anni di tagliare i ponti col padre, ma ogni tentativo veniva seguito da nuove pressioni familiari, da telefonate cariche di odio, da lettere intrise di disprezzo.

Il giudice ha definito la condotta paterna una forma di violenza affettiva e psicologica, aggravata dal contesto familiare che avrebbe dovuto invece offrire protezione e amore. “Si tratta di una sofferenza grave, reiterata, capace di ledere in modo permanente l’integrità psico-fisica della vittima”, si legge nella motivazione.

Una sentenza che può aprire la strada ad altri casi

La decisione non riguarda solo una vicenda privata: accende un faro sul dolore silenzioso che tante persone LGBTQIA+ subiscono tra le mura domestiche, lontano dai riflettori. In un Paese dove ancora oggi molti giovani fanno coming out col timore di essere respinti, questa sentenza rappresenta un precedente di civiltà.

L’avvocata del medico ha dichiarato: “Non abbiamo chiesto vendetta, ma giustizia. E oggi l’abbiamo avuta”. Il tribunale ha condannato il padre a risarcire il figlio per il danno biologico con una cifra che, pur non riparando il passato, rappresenta un riconoscimento concreto del male inflitto.

Una vittoria che parla al cuore di tanti: a chi ha vissuto nell’ombra, a chi ha taciuto troppo a lungo, a chi crede che l’amore non debba mai fare paura.

A cura di Veronica Aceti
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