I potenti si fanno pellegrini: l’ultimo viaggio di un Papa che parlava al cuore, non al trono
In un’alba che sa di incenso e marmo freddo, Roma si prepara a un addio che è già leggenda.
Sabato 26 aprile 2025, alle ore 10, la Basilica di San Pietro non sarà solo un luogo sacro: diventerà cuore pulsante del pianeta, palcoscenico dell’umanità intera che si raccoglie – in silenzio, in lutto, in riflessione – attorno alla figura di Papa Francesco.
Non è un addio qualsiasi. È l’addio a un uomo che ha camminato con passo zoppicante ma voce ferma, che ha chiamato “fratelli” anche i suoi critici e ha disegnato ponti dove c’erano solo macerie.
La processione dei potenti
Da ogni angolo del globo, i potenti del mondo, solitamente divisi da barriere invisibili di ideologia, economia, potere, convergono verso un punto solo: un altare, una bara, un’anima.
- Donald Trump e Melania, dal paese del sogno americano, per inchinarsi davanti a chi ha sognato un’umanità più giusta.
- Volodymyr Zelensky, con negli occhi la stanchezza della guerra e nel cuore il ricordo di un Papa che ha pregato per la pace in Ucraina.
- Emmanuel Macron, elegante come una poesia di Prévert, per rendere omaggio a un pontefice che ha sfidato il cinismo con la misericordia.
- Javier Milei, l’argentino controverso, torna a Roma per salutare il padre spirituale della sua terra.
- Lula, con la dolce Janja al fianco, rappresenta il Sud del mondo che Francesco ha sempre abbracciato con le mani nude.
- E poi Scholz, Steinmeier, von der Leyen, Costa, Metsola – l’Europa al completo, come se nel lutto si ricordasse chi è e cosa potrebbe ancora essere.
Dal Regno Unito, il principe William porgerà l’omaggio della corona. Dal Belgio, Re Filippo e la Regina Matilde arriveranno in silenzio regale. Anche Taiwan sarà presente, mentre il Marocco potrebbe mandare il giovane principe Moulay Hassan, nel nome del padre malato.
Le assenze che fanno rumore
Ma non tutti ci saranno.
Vladimir Putin, prigioniero del suo stesso potere, manderà un emissario.
Xi Jinping, custode di un impero silenzioso, farà parlare un telegramma.
Assenze che pesano più delle presenze, perché in questi riti solenni anche l’ombra dice la sua verità.
L’Italia, figlia e madre del Papa
E poi l’Italia. Giorgia Meloni, come capo del governo, e con lei ministri, opposizione, sindaci, prelati. L’Italia che Francesco ha sempre amato e rimproverato con lo stesso sguardo. Quella che lui chiamava a “ritrovare la tenerezza della sua gente”.
Più che un funerale: una parabola umana
Questo non è solo il funerale di un Papa. È un atto poetico e politico, è una stazione sulla via della Storia.
È la liturgia del mondo che si ferma per ricordare un uomo che ha osato dire “poveri” davanti ai banchieri, “pace” davanti ai generali, “misericordia” davanti ai rigidi.
Francesco non ha mai preteso di essere perfetto. Ha sbagliato, ha vacillato, ha sofferto. Ma ha amato fino in fondo, senza mai smettere di cercare l’uomo nel volto dell’altro. Anche quando il mondo si faceva duro, anche quando avrebbe potuto scegliere il silenzio.
E ora?
Ora resta questa immagine immensa di un’umanità inginocchiata, non davanti al potere, ma davanti alla bontà.
E forse, in quel silenzio che avvolgerà la piazza di San Pietro, sotto il cielo di Roma, si farà largo una domanda:
Cosa resterà di tutto questo?
Forse solo il seme.
Ma i semi, si sa, quando trovano terreno buono, sanno fare miracoli. Fammi sapere se vuoi aggiungere una nota personale o un richiamo simbolico più forte. Questo testo potrebbe diventare un bell’editoriale.
A cura di Veronica Aceti
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