Lo scorso 25 maggio, Mohammed, un bimbo palestinese di appena 4 anni, ha perso la vita a causa della fame nella Striscia di Gaza. Non si è trattato di una carestia naturale: Mohammed è morto perché qualcuno ha deciso di impedire l’arrivo degli aiuti umanitari essenziali.
A poche ore di distanza, Alaa al-Najjar, pediatra palestinese in servizio presso l’ospedale Nasser di Khan Yunis – tra i pochi ancora operativi a Gaza – ha ricevuto i corpi senza vita dei suoi nove figli, uccisi durante un attacco aereo israeliano. Il suo unico figlio rimasto in vita si trova ora in condizioni disperate.
Una crisi umanitaria che non possiamo ignorare

PH FP
Questi eventi sconvolgenti ci travolgono, lasciandoci un profondo senso di impotenza. Spesso, di fronte a tanta sofferenza e alla mancanza totale di tutela per i più fragili, ci sentiamo irrilevanti e scegliamo il silenzio. Ma l’indignazione collettiva cresce in tutto il mondo.
Numerose società scientifiche e associazioni mediche stanno unendo le forze per chiedere con urgenza la tutela dell’infanzia nei teatri di guerra, esprimendo al tempo stesso cordoglio per le vittime civili.
Un editoriale pubblicato da The Lancet il 24 maggio rivela dati agghiaccianti: “Ogni giorno a Gaza perdono la vita 35 bambini”, per un totale che ha ormai raggiunto quota 18.000. La Striscia rappresenta oggi la più vasta concentrazione di minori amputati, a cui si aggiungono quelli che continuano a morire – e moriranno – per mancanza di cibo. Non a causa di una carestia naturale, ma per l’impossibilità di ricevere aiuti umanitari. La fame non può e non deve essere utilizzata come strumento bellico o mezzo di pressione politica.
La voce dei pediatri e dei genitori
In quanto madri, padri e pediatri, sentiamo il dovere di far sentire la nostra voce. Come Associazione Culturale Pediatri, denunciamo con fermezza la gravità di questa situazione e chiediamo che venga posto fine a ogni forma di violenza contro i bambini.
Ci uniamo all’appello di molte altre realtà per chiedere che si ristabilisca il rispetto dei diritti umani e che si garantisca una protezione reale per i più piccoli. La continua distruzione che colpisce il popolo palestinese avrà conseguenze devastanti per le future generazioni: per i figli e i nipoti dei pochi bambini che sopravvivranno.
NON POSSIAMO RESTARE IN SILENZIO: i bambini non sono bersagli e gli aiuti umanitari non devono diventare strumenti di guerra.
A cura di Viola Bianchi
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