L’annuncio dell’accordo settennale da 38 miliardi di dollari tra OpenAI e Amazon Web Service (AWS) rappresenta una mossa sismica destinata a ridefinire le dinamiche competitive nel cuore pulsante dell’economia digitale: l’Intelligenza Artificiale (AI). Questa intesa strategica, che garantisce a OpenAI l’accesso a migliaia di chip Nvidia essenziali per l’addestramento dei modelli, è la più grande iniziativa intrapresa dalla startup per disinnescare la sua profonda dipendenza da Microsoft, il suo storico, e fino a poco tempo fa, esclusivo fornitore di servizi cloud.
La fine dell’esclusiva
Per anni, la relazione tra Microsoft e OpenAI è stata un esempio di simbiosi tecnologica e finanziaria, con il gigante di Redmond che ha sostenuto massicciamente l’infrastruttura di Azure per alimentare l’evoluzione di modelli come GPT. Tuttavia, la corsa all’AI richiede un’infrastruttura di calcolo sempre più vasta, diversificata e resiliente. L’accordo con AWS risponde a questa impellente necessità, offrendo a OpenAI l’accesso a un ecosistema cloud tra i più estesi e tecnologicamente avanzati al mondo.
La cifra di 38 miliardi di dollari, spalmata su sette anni, testimonia l’enorme fabbisogno di computing power e, in particolare, di GPU (Graphics Processing Unit) che caratterizza il settore dell’AI frontier. L’inclusione di migliaia di chip Nvidia nel pacchetto AWS è la vera linfa vitale dell’accordo, poiché sono proprio questi processori a fungere da acceleratori indispensabili per l’addestramento dei modelli di grandi dimensioni.
L’impennata di Amazon
L’impatto di questa notizia sul mercato finanziario è stato immediato e fragoroso. Il titolo Amazon ha registrato un balzo del 6,1% a Wall Street, una reazione che sottolinea come gli investitori percepiscano l’intesa non solo come un significativo flusso di entrate garantite per AWS, il segmento più redditizio del gruppo, ma anche come una decisa conferma di leadership nell’infrastruttura cloud per l’AI. Avere un cliente del calibro di OpenAI è un potentissimo endorsement tecnologico che attirerà inevitabilmente altri sviluppatori e aziende alla ricerca della migliore piattaforma per le loro ambizioni di intelligenza artificiale.
Se per Amazon l’accordo è una netta vittoria strategica, esso pone un interrogativo sulle future dinamiche con Microsoft. Sebbene Microsoft mantenga una partecipazione azionaria significativa in OpenAI e l’integrazione di Azure rimanga cruciale, la perdita dell’esclusiva apre la strada a una competizione più diretta tra i cloud provider per accaparrarsi i carichi di lavoro più esigenti e, di conseguenza, più lucrativi, dell’AI. Il grande gioco del cloud, alimentato dall’AI, è entrato in una fase di multicloud forzato, dove la dipendenza da un singolo attore si sta rivelando un lusso che neanche le startup più quotate possono permettersi. Questa diversificazione è un segnale di maturità del settore, dove la disponibilità e la potenza di calcolo diventano il vero asset strategico che bilancia il potere finanziario e tecnologico dei giganti del tech.
A cura di Dario Lessa
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