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Svolta in Libia: arrestato il generale Almasri

L'ex capo delle forze speciali di deterrenza era ricercato dalla Corte Penale Internazionale. Scontro con l'Italia per la sua mancata consegna

by Davide Cannata
almasri

Osama Elmasry Njeem, noto come il generale Almasri, ex capo della Polizia giudiziaria libica e di spicco nella potente milizia Rada’a, è stato arrestato a Tripoli in una mossa che segna un punto a favore della Corte Penale Internazionale (CPI). L’uomo è accusato di aver commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Libia, in particolare all’interno del famigerato centro di detenzione di Mitiga, vicino a Tripoli, tra il 2015 e il 2024. Le accuse che pendono su di lui sono gravissime e includono omicidio, tortura e trattamenti crudeli, stupro, violenza sessuale, schiavitù sessuale e persecuzione, spesso rivolti contro migranti e oppositori politici. La ricostruzione dei fatti dipinge un quadro agghiacciante: “Detenuti torturati e uccisi” – queste le parole che riecheggiano nei fascicoli internazionali, con fonti che riportano come Almasri, in qualità di direttore del centro, avrebbe non solo commesso personalmente tali abusi, ma anche ordinato o partecipato alla loro commissione sistematica. Le testimonianze raccolte dai difensori dei diritti umani e dalla Missione d’inchiesta delle Nazioni Unite in Libia evidenziano la brutalità delle pratiche, con Almasri che avrebbe addirittura impartito istruzioni per non lasciare segni visibili sui corpi delle vittime. Un attivista per i diritti umani, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza, ha commentato: “Questo arresto è un primo, piccolo passo. Ma la vera giustizia arriverà solo quando coloro che hanno sofferto a Mitiga vedranno Almasri rispondere delle sue azioni davanti a un tribunale equo. Le loro grida non possono essere silenziate”.

Il controverso ruolo dell’Italia

L’arresto in Libia giunge dopo una complessa vicenda che ha visto l’Italia al centro di un aspro scontro con la Corte Penale Internazionale. A gennaio di quest’anno, Almasri era stato fermato a Torino sulla base del mandato di arresto della CPI. Tuttavia, un’interpretazione controversa della legge italiana di cooperazione con la Corte ha portato alla sua scarcerazione e al successivo rimpatrio in Libia tramite un volo di Stato, invece di essere consegnato all’Aia. La Corte d’Appello di Roma aveva motivato la decisione con la mancanza di una formale richiesta di applicazione di misura cautelare da parte del Procuratore Generale, a sua volta dovuta, secondo i giudici, alla mancata trasmissione ministeriale degli atti della CPI, innescando una polemica sui meccanismi procedurali e sulla volontà politica di cooperazione. La Procura della CPI aveva duramente criticato l’operato di Roma, chiedendo di deferire l’Italia all’Assemblea degli Stati Parte e/o al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per violazione degli obblighi di cooperazione ai sensi dello Statuto di Roma. “Una mancata collaborazione così eclatante rischia di compromettere la fiducia nella giustizia internazionale e di incoraggiare l’impunità per i crimini più gravi,” aveva dichiarato una fonte vicina alla Corte. La decisione italiana di espellere Almasri per motivi di ordine pubblico, di fatto sottraendolo alla giurisdizione della CPI, era stata vista da molti come un atto che aveva anteposto le considerazioni politiche immediate agli impegni internazionali.

La collaborazione libica e la speranza di giustizia

Ora che Almasri è in custodia a Tripoli, grazie a quella che Sky TG24 definisce una “collaborazione del nuovo governo libico con la Corte Penale Internazionale“, il generale attende il processo. Resta da vedere se le nuove autorità libiche sceglieranno di processarlo internamente o di cooperare pienamente con la CPI, garantendo un procedimento che sia all’altezza della gravità dei crimini contestati e che offra finalmente una speranza di riscatto alle numerose vittime delle violenze di Mitiga. La giustizia, in questo caso, sembra aver compiuto un giro imprevisto, tornando al punto di partenza per tentare una nuova, decisiva, ripartenza.

A cura di Dario Lessa

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