Le rive dell’Amazzonia, cuore pulsante della biodiversità globale, hanno fatto da suggestivo scenario all’apertura ufficiale della COP30, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, iniziata ieri a Belém, in Brasile. L’attesa per questa edizione, che si svolge in un Paese chiave per la salute del Pianeta, era palpabile, ma la giornata inaugurale è stata subito segnata da un acceso dibattito e da assenze significative che ne hanno ridimensionato l’impatto politico.
La furia di Lula contro i negazionisti
L’intervento più vibrante e atteso è stato quello del Presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, padrone di casa, che non ha usato mezzi termini per affrontare la questione climatica. “Siamo stanchi delle promesse vuote e di chi nega l’evidenza,” ha tuonato Lula dal podio, rivolgendosi apertamente ai negazionisti. “Il riscaldamento climatico non è più una minaccia futura, una previsione lontana; è una tragedia presente che si manifesta ogni giorno nelle alluvioni, nelle siccità e nella devastazione delle nostre terre.” Il leader brasiliano ha insistito sulla responsabilità dei Paesi più ricchi nel finanziare la transizione ecologica dei Paesi in via di sviluppo, ribadendo che la salvaguardia della foresta amazzonica è un dovere globale, ma il cui onere non può ricadere esclusivamente sul Brasile.
Le pesanti assenze dei leader G20
Nonostante la forte retorica di Lula e la presenza di numerosi capi di Stato e ministri da tutto il mondo, a Belém si è avvertita l’eco di alcune assenze di primissimo piano. Un gran numero di leader dei Paesi del G20, che insieme sono responsabili della maggior parte delle emissioni mondiali, ha disertato l’incontro, preferendo inviare delegati o ministri. Tra i più noti assenti figurano Donald Trump e Xi Jinping, rispettivamente leader dei due Paesi che emettono l’11% e il 29% delle emissioni globali di gas serra. La loro mancata partecipazione è stata immediatamente interpretata dagli osservatori come un sintomo della persistente difficoltà a unire il fronte delle maggiori potenze economiche su impegni vincolanti e ambiziosi.
Il vertice si apre, dunque, con un misto di speranza e frustrazione. Gli attivisti e le organizzazioni non governative presenti, come ha commentato un rappresentante di Greenpeace, si dicono “stanchi delle chiacchiere e dei grandi proclami, vogliamo impegni reali e fondi stanziati per l’adattamento e la mitigazione, non solo per il futuro ma già per i prossimi dodici mesi.” La ricostruzione dei fatti vede un’agenda densa di trattative tecniche, ma l’avvio è stato dominato dal contrasto tra la visione passionale e urgente di Lula e la tangibile, pesante assenza di alcuni attori fondamentali per la risoluzione della crisi.
A cura di Dario Lessa
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