Home Daynews24Addio a Giorgio Armani

Addio a Giorgio Armani

Giorgio Armani, l’ultimo saluto al maestro della moda

by Veronica Aceti
Giorgio Armani

La scomparsa di un visionario instancabile

Giorgio Armani è morto oggi, giovedì 4 settembre, all’età di 91 anni. Il comunicato ufficiale del Gruppo Armani ha annunciato con grande dolore la notizia: «Con infinito cordoglio, il gruppo Armani annuncia la scomparsa del suo ideatore, fondatore e instancabile motore. Il signor Armani, come lo hanno sempre chiamato con rispetto e ammirazione i suoi dipendenti e collaboratori, si è spento serenamente, circondato dai suoi cari. Infaticabile, ha lavorato fino agli ultimi giorni». Accanto a lui la sua famiglia e Leo Dell’Orco, il compagno degli ultimi vent’anni.

Una vita intera dedicata al lavoro

Fino all’ultimo giorno Giorgio Armani ha seguito con passione il suo mondo. Solo pochi giorni fa aveva ufficializzato l’acquisto de «La Capannina», definendolo un gesto affettivo, «un ritorno alle origini». Proprio in quel locale, negli anni Sessanta, aveva conosciuto Sergio Galeotti, diventato poi il suo compagno di vita e di lavoro. Con la stessa energia aveva controllato e approvato i look della collezione celebrativa dei 50 anni, che sfilerà alla prossima fashion week di settembre.

Giorgio Armani

Giorgio Armani ph wp

Le difficoltà degli ultimi mesi

Qualche settimana prima del novantunesimo compleanno, un’infezione polmonare aveva costretto Giorgio Armani a un ricovero. Ne seguì la convalescenza nella casa di via Borgonuovo a Milano, dove decise di non presenziare, per la prima volta in maniera così significativa, alla sfilata di giugno. Un anno prima aveva affrontato un altro problema di salute, ma era tornato subito in passerella: alle sfilate del giugno 2024, appena tre giorni dopo le dimissioni dall’ospedale, salutò di persona il pubblico. A giugno di quest’anno, invece, spiegò: «Sto bene», rinunciando a comparire.

Un’estate tra affetti e lavoro

L’estate 2024 Giorgio Armani l’ha trascorsa nella casa di Forte dei Marmi, circondato dai suoi familiari. Continuava però a interessarsi ai progetti, chiedendo agli amici di recarsi nella sua villa di Pantelleria al posto suo e di aggiornarlo quotidianamente. Solo pochi giorni fa aveva avuto un lieve malessere allo stomaco, che però non sembrava preludere a un peggioramento. Aveva ripreso a mangiare e a telefonare, dimostrando la sua solita volontà di restare partecipe.

Dalle origini piacentine al mito mondiale

Giorgio Armani nacque a Piacenza l’11 luglio 1934, terzo e ultimo figlio di Maria. Da lei ereditò classe e gusto. Dopo la guerra la famiglia si trasferì a Milano, affrontando sacrifici ma mantenendo dignità. Frequentò il liceo, poi scelse medicina per «occuparmi dei corpi», diceva. L’anatomia diventò la base del suo sguardo unico sulla moda: capire come vestire i corpi reali. Dopo tre anni di università interruppe gli studi, partì militare e tornò a fatica alla Statale. Nel 1957 cominciò a lavorare alla Rinascente.

L’incontro decisivo con Nino Cerruti

Nel 1964 Nino Cerruti notò gli allestimenti delle vetrine curate da Giorgio Armani e gli affidò una linea. Pochi anni prima Armani aveva conosciuto Sergio Galeotti, con cui formò una coppia inscindibile: manager e creativo. Nel 1975 nacque l’azienda Giorgio Armani. Lo stilista inventò anche il termine «stilista»: «Io non sono né un couturier né un sarto, ma creo uno stile».

Il successo internazionale

La svolta arrivò nel 1980 quando Paul Schrader lo chiamò per vestire John Travolta nel film American Gigolò. Alla fine il protagonista diventò Richard Gere e fu consacrazione mondiale. Nel 1982 Time lo mise in copertina. Armani commentò: «La copertina può soddisfare la mia vanità, ma ciò che conta è che abbiano riconosciuto il valore del mio lavoro».

Un impero costruito con disciplina

Dagli anni Ottanta in avanti nacquero Emporio Armani, le linee beauty, i profumi, gli occhiali, EA7, gli alberghi, Armani Privé, le mostre e il Silos. Ogni stagione aggiunse un tassello alla sua storia. Diceva spesso: «Ogni giorno dal mio lavoro imparo qualcosa». Nonostante la fama, odiava la parola «ridicolo». Per lui «Lo stile è eleganza, non stravaganza. L’importante è non farsi notare, ma farsi ricordare».

Il dolore e la rinascita dopo Sergio Galeotti

Il 13 agosto 1985 la morte di Sergio Galeotti lo colpì profondamente. Giorgio Armani reagì buttandosi nel lavoro, assumendo la guida imprenditoriale del brand: «Ho dato tutto e rinunciato alla mia vita per il mio lavoro». Ogni giorno entrava per primo in azienda e usciva per ultimo, spegnendo la luce.

L’eredità e la Fondazione

Negli anni respinse offerte miliardarie per cedere il marchio. Disse: «L’azienda porta il nome del suo creatore e questo legame non può spezzarsi». Negli ultimi tempi organizzò la successione, affidando la parte stilistica alla nipote Silvana Armani e a Leo Dell’Orco, suo compagno e braccio destro, sotto le regole della Fondazione Armani.

L’uomo e il suo credo

Alle domande sul perché non smettesse mai, rispose a Parigi: «Io sono il mio lavoro. Se smettessi, significherebbe che non m’importa nulla di me». Fino all’ultimo ha difeso questo credo.

L’ultimo applauso

Ora si spegne la luce di Giorgio Armani, il maestro che ha scritto la storia della moda mondiale. Un uomo che ha creato uno stile eterno, e che anche oggi, nel suo addio, resta fedele a ciò che ripeteva sempre: «Lo stile è ciò che resta».

A cura di Veronica Aceti

leggi anche: il nemico invisibile del terzo millennio

error: Il contenuto è protetto!!