Quando un attore come Remo Girone se ne va, il vuoto non si misura in applausi o repliche. Si misura nel silenzio. Quel silenzio che amava e rispettava, che sapeva usare come nessun altro. Oggi, a 76 anni, nel Principato di Monaco, ci lascia l’uomo che per tutti era Tano Cariddi, ma che per me – e per pochi altri – era semplicemente Remo.

Remo Girone PH Pinterest
Il ricordo di Mario Chiavalin
Mario Chiavalin lo ricorda come un amico vero, non solo un grande attore. “Non era un amico da parole, era uno da presenze. Ci siamo conosciuti per lavoro, ma bastò un bicchiere di vino e una sera lunga per capire chi fosse davvero”. Dietro la voce ruvida e la calma da killer di scena, c’era una gentilezza sorprendente.
Girone non recitava mai nella vita. Ascoltava con attenzione, con quella lentezza che oggi pochi conservano. Sapeva essere ironico, spietato quando necessario, ma sempre onesto. Un tratto raro, come l’umiltà con cui descriveva il mestiere: “Il successo è solo un riflettore acceso troppo presto”, disse una volta.
Un’eredità che resta
Molti lo ricorderanno per La Piovra e per l’ombra lunga di Tano Cariddi, un personaggio rimasto impresso come un segno indelebile. Io invece lo ricorderò per i silenzi dopo le risate, per le telefonate brevi e intense, per la sua capacità di esserci senza bisogno di apparire.

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La notizia della sua scomparsa ha lasciato la sensazione di aver perso un punto fermo. Non un semplice collega, ma un pezzo di vita. Nel nostro mestiere, tra palcoscenici, riflettori e copioni, trovare qualcuno autentico è un dono raro. E Remo lo era: senza effetti speciali, senza frasi fatte, solo verità detta sottovoce.
Ora che non c’è più, resta quella voce nella memoria e la certezza che certi uomini non muoiono mai: restano scritti nella scena e dentro chi li ha saputi davvero ascoltare.
A cura della redazione
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