Dietro le statistiche c’è una generazione che fa i conti con lo specchio, con i social e con una quotidianità sempre più sedentaria. Un adolescente su cinque in Italia è obeso: un dato che fotografa una tendenza preoccupante, ma che sorprende ancor di più se si considera che la maggior parte dei programmi di educazione alimentare continua a concentrarsi sull’infanzia, lasciando spesso gli adolescenti ai margini.
È partito da qui l’incontro “Il nostro cibo, i nostri ragazzi”, che il Crea – Consiglio per la ricerca in agricoltura – ha organizzato a Roma in collaborazione con la Fondazione Aletheia e la Fondazione Policlinico Gemelli. Nella sala, tra medici, psicologi e insegnanti, il tema ha preso subito una piega concreta: come si può aiutare i ragazzi tra i 13 e i 17 anni, in quella fase fragile in cui l’autonomia cresce ma la consapevolezza alimentare spesso diminuisce?
Il ruolo chiave della scuola e il nuovo linguaggio
Gli esperti hanno sottolineato il ruolo cruciale della scuola, «uno dei pochi luoghi rimasti dove si può ancora parlare di salute senza che suoni come un rimprovero», ha detto una nutrizionista del Gemelli. Le mense scolastiche, le ore di educazione fisica, i progetti extracurricolari possono diventare strumenti chiave, ma serve una rivoluzione di linguaggio. «I ragazzi non vogliono sentirsi giudicati», ha aggiunto una psicologa. «Occorre parlare con loro, non a loro».
Eppure, fuori dalle aule, la realtà racconta altro. La Generazione Z è cresciuta in un mondo dove il cibo è contenuto virale, non sempre equilibrato: su TikTok impazzano sfide estreme a base di junk food, e influencer seguitissimi lanciano “diete lampo” di dubbia efficacia. Intanto, i genitori oscillano tra ipercontrollo e disinteresse, spesso intrappolati nella stessa confusione alimentare.
L’ipotesi di un nuovo piano ministeriale
A margine dell’evento, qualche rumor ha acceso il dibattito: pare che il Ministero dell’Istruzione stia valutando un nuovo piano di educazione alimentare rivolto specificamente agli adolescenti, con moduli integrati nelle ore di scienze motorie e percorsi digitali interattivi. Nulla di ufficiale, ma l’idea piace, soprattutto se una revisione delle linee guida per le mense delle scuole superiori, oggi escluse dai programmi più innovativi, accompagna l’idea.
L’allarme, però, non riguarda solo la bilancia. L’obesità adolescenziale, ricordano gli esperti, è il campanello d’allarme di un disagio più profondo, fatto di ansia, scarsa autostima e isolamento sociale. «Il cibo diventa un rifugio quando mancano alternative sane di espressione», spiegano gli psicologi del Crea. Ecco perché, oltre alle linee guida nutrizionali, servono politiche che incentivino sport accessibile, spazi pubblici sicuri e un uso più consapevole della tecnologia.
Roma ha offerto una fotografia chiara: i ragazzi non hanno bisogno solo di “mangiare meglio”, ma di essere ascoltati. Nel frattempo, le istituzioni promettono nuovi tavoli di lavoro e campagne mirate, ma la sensazione – che molti relatori condividono – è che il tempo stringa. Perché ogni dato, ogni percentuale, corrisponde a un nome, a un volto, a una storia. E a un piatto che, troppo spesso, diventa un modo per riempire un vuoto più grande.
A cura di Dario Lessa
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