Dopo giorni di polemiche, il presidente del Cnel Renato Brunetta ha deciso di rinunciare all’aumento di stipendio che sarebbe derivato dall’applicazione di una recente sentenza della Corte costituzionale.
La sentenza della Consulta e le polemiche
La vicenda era esplosa quando l’ufficio di presidenza del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro aveva recepito la decisione della Consulta che ha dichiarato illegittimo il tetto dei 240 mila euro annui fissato per le retribuzioni dei vertici della pubblica amministrazione.
Secondo quanto emerso, l’adeguamento avrebbe comportato un incremento significativo per il presidente e per alcuni dirigenti dell’ente, suscitando reazioni immediate da parte del mondo politico e dell’opinione pubblica. “In un momento in cui si chiedono sacrifici a tanti, è inopportuno che un’istituzione pubblica dia un segnale di questo tipo”, aveva commentato uno dei rappresentanti dell’opposizione, sottolineando come la decisione rischiasse di “minare la credibilità delle istituzioni”.
Il passo indietro di Brunetta
Brunetta, ex ministro e da tempo figura di primo piano nel panorama politico italiano, ha preferito tagliare corto alle polemiche. In una nota diffusa nella serata di ieri, ha annunciato la sua rinuncia all’aumento: “Pur nel rispetto delle legittime decisioni della Corte costituzionale, ritengo doveroso non avvalermi di tale possibilità. La mia scelta è dettata dal senso di responsabilità verso i cittadini e dal desiderio di non alimentare tensioni o fraintendimenti”.
All’interno del Cnel, la decisione è stata accolta con sollievo. Alcuni membri dell’organo hanno riconosciuto che l’applicazione formale della sentenza aveva creato “un corto circuito di comunicazione” e che la rinuncia del presidente rappresenta “un gesto di buon senso”.
Tuttavia, resta aperto il tema più ampio del trattamento economico dei vertici pubblici dopo la pronuncia della Consulta, che ha di fatto smantellato il tetto introdotto nel 2014 con l’obiettivo di limitare gli stipendi d’oro.
Per ora Brunetta chiude la questione con una rinuncia personale, ma la decisione riaccende il dibattito su un tema che tocca non solo le tasche, ma anche la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. “Serve equilibrio tra legittimità giuridica e legittimità morale”, ha commentato un ex componente del Cnel. “La rinuncia del presidente va in questa direzione, ma il problema resta aperto.”
A cura di Dario Lessa