Home Daynews24Da Bianca Balti a Taylor Mega: cos’è il Social Freezing?

Da Bianca Balti a Taylor Mega: cos’è il Social Freezing?

L’onda lunga della crioconservazione degli ovociti tra carriera, incertezza e voglia di libertà. Ma è una scelta per poche?

by Davide Cannata
taylor mega

Il conto alla rovescia dell’orologio biologico ha trovato un freno. O almeno, un rinvio strategico. Negli ultimi anni, in Italia e nel mondo, un acronimo anglofono è entrato a far parte delle conversazioni più intime e, spesso, più ambiziose delle donne: Social Freezing, ovvero la crioconservazione degli ovociti per ragioni non strettamente mediche. Quella che fino a ieri era considerata una nicchia per poche, forse legata a patologie o a esperimenti futuristici, è diventata una tendenza in crescita, abbracciata da volti noti e da un numero sempre maggiore di donne “comuni” che cercano di conciliare il desiderio di maternità con le sfide di un presente instabile.

Le prime a sdoganare il tabù sono state le celebrities, come spesso accade in fatto di costume e tendenze. Se oltreoceano le sorelle Kardashian e Rita Ora hanno acceso i riflettori sulla pratica, in Italia sono state figure come l’influencer Taylor Mega o la top model Bianca Balti a rompere gli indugi. In particolare, le dichiarazioni della Balti, che ha addirittura espresso l’intenzione di regalare il social freezing alla figlia al compimento dei 21 anni, hanno amplificato il dibattito, trasformando una scelta personale in un vero e proprio manifesto di autodeterminazione femminile.

Congelare gli ovuli non è solo un paracadute biologico, ma simboleggia la volontà di non dover scegliere tra realizzazione personale e famiglia.

Un “assegno in bianco” contro l’incertezza

Dietro la scelta di fermare il tempo della fertilità ci sono motivazioni profonde che raccontano molto della società contemporanea. In un Paese, l’Italia, dove l’età media per la nascita del primo figlio è ormai oltre i 32 anni, e dove la denatalità è una piaga, il social freezing emerge come una risposta, forse estrema, ma concreta all’incertezza dilagante. Sono in aumento le donne, spesso laureate e informate, che scelgono la crioconservazione per l’assenza di un partner stabile. L’amore può attendere, gli ovociti no. Altrettanto rilevante è la spinta della carriera: chi desidera affermarsi in ambiti competitivi sa bene che una gravidanza, se non pianificata, può frenare l’ascesa professionale. Si aggiungono poi fattori di salute o la semplice non autosufficienza economica, che rendono impossibile o irresponsabile l’idea di un figlio in un dato momento storico.

In sostanza, come è stato definito, il social freezing è “un piccolo assegno in bianco, una promessa che la scienza fa alla libertà femminile. I numeri, seppur ancora contenuti rispetto ad altri Paesi come gli Stati Uniti, parlano chiaro: i centri specializzati in Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) registrano un aumento costante delle richieste, con stime che parlano di una crescita annua che in alcuni casi sfiora il 20-30%. L’età media di chi accede alla pratica, tuttavia, resta un punto critico: molte donne arrivano troppo tardi, intorno ai 36 anni, quando la qualità ovocitaria ha già iniziato il suo fisiologico e inesorabile declino. Gli specialisti sono concordi: il momento ideale è entro i 35-37 anni.

Il rovescio della medaglia: costi e privilegio

L’aspetto più spinoso, e che smorza l’entusiasmo da “nuova libertà”, è quello economico. Attualmente, in Italia, il social freezing per ragioni non mediche non è coperto dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo lo rende, di fatto, un privilegio per poche. I costi per un ciclo completo (che include stimolazione ovarica, prelievo e congelamento) oscillano, a seconda delle cliniche e delle necessità individuali, tra i 2.800 e i 6.000 euro, a cui si aggiungono le spese annuali per la conservazione in criobanca, generalmente tra i 150 e i 300 euro.

Una cifra che per molte è proibitiva, trasformando la possibilità di congelare la fertilità in un lusso, accentuando il divario sociale in un Paese che fatica a sostenere le donne che vogliono diventare madri. Ci sono, è vero, iniziative locali, come in alcune Regioni, che provano a offrire contributi, ma si tratta di gocce nel mare.

A cura di Dario Lessa

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