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G7, Azione Contro La Fame chiede un intervento urgente

Azione Contro La Fame e il suo appello ai leader del G7

by Nora Taylor
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Durante la riunione Ministeriale degli Affari Esteri del G7 a FiuggiAzione Contro la Fame ha sollecitato l’attenzione sulla crescente crisi della fame, legata direttamente ai conflitti. L’organizzazione ha sottolineato che la fame, indotta dalle guerre, deve essere fermata e che non è più accettabile usare la fame come strumento di guerra. Nonostante il divieto sancito dal Diritto Internazionale Umanitario e la condanna dell’uso della fame come arma nel 2018 con la Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il problema della fame causata dai conflitti continua a peggiorare.

Giulia Carlini, Responsabile Advocacy di Azione Contro la Fame Italia, ha dichiarato: “Il G7 ha il potere e gli strumenti necessari per innescare un cambiamento decisivo. È fondamentale che le parole vengano tradotte in azioni concrete per proteggere i civili e per garantire un accesso sicuro e senza ostacoli agli aiuti umanitari.”

Le soluzioni già disponibili per combattere la fame nei conflitti

Azione Contro la Fame ha esortato i membri del G7 a fare un uso più incisivo di due strumenti chiave già esistenti per combattere la fame nei conflitti armati:

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    azione contro la fame italia

    La Risoluzione 2417 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (adottata nel 2018): questa risoluzione riconosce il legame tra fame e conflitti, condanna l’utilizzo della fame come arma di guerra e obbliga le parti coinvolte nei conflitti a garantire che gli aiuti umanitari raggiungano le popolazioni bisognose senza ostacoli.

  2. Il Patto G7 per la prevenzione della carestia e delle crisi umanitarie (2021), noto anche come Famine Prevention and Humanitarian Crises Compact: questo patto, firmato dai Ministri degli Esteri e dello Sviluppo del G7, ha come obiettivo la prevenzione delle carestie, la protezione dei diritti umani e il miglioramento dell’accesso agli aiuti umanitari attraverso la diplomazia.

Le crisi più gravi in Gaza, Cisgiordania, Libano e Sudan

Gaza: Più di 2 milioni di persone a Gaza sono sull’orlo della carestia. L’ulteriore aggravamento della crisi è stato causato dal blocco degli aiuti nel nord di Gaza e dagli ordini di evacuazione, con un aumento significativo della malnutrizione infantile, che prima di ottobre 2023 era quasi inesistente. Oggi, la malnutrizione colpisce in particolare i bambini di età inferiore ai due anni, nati prima o durante il conflitto. Inoltre, il 2024 si appresta ad essere l’anno più letale per gli operatori umanitari, soprattutto a Gaza, dove, tra ottobre e novembre 2024, oltre 20 operatori umanitari sono stati uccisi.

Cisgiordania: Decine di migliaia di palestinesi in Cisgiordania si trovano a rischio di trasferimento forzato, a causa dell’aumento degli attacchi violenti da parte dei coloni israeliani contro persone, proprietà, terreni agricoli e bestiame, creando una situazione di grande pericolo.

Libano: L’escalation delle violenze in Libano ha gravemente ostacolato l’accesso agli aiuti umanitari e ha esposto a rischio la sicurezza degli operatori sul campo. Durante la conferenza sul Libano a Parigi del 24 ottobre, i paesi donatori hanno promesso 800 milioni di dollari. È cruciale che questi fondi vengano utilizzati tempestivamente per aiutare le popolazioni vulnerabili e che la comunità internazionale sostenga un meccanismo che garantisca un accesso sicuro agli aiuti umanitari.

Sudan: Oltre il 50% della popolazione del Sudan, circa 25,6 milioni di persone, vive in grave insicurezza alimentare. In particolare nel Darfur Settentrionale, la situazione è drammatica, con condizioni di carestia che colpiscono un numero crescente di persone. Le violenze in corso impediscono l’accesso agli aiuti umanitari, aggravando una crisi che, pur essendo la più grave in termini di fame e rifugiati al mondo, continua ad essere sottovalutata dalla comunità internazionale.

Il piano di Azione Contro La Fame per i leader del G7

Azione Contro la Fame ha chiesto ai leader del G7 di adottare misure concrete per affrontare la crisi globale della fame, sollecitando l’attuazione di queste azioni:

  1. Implementare pienamente la Risoluzione 2417, che condanna l’uso della fame e la negazione dell’accesso umanitario come strumenti di guerra, facendo sì che le parti in conflitto rispettino gli obblighi internazionali.
  2. Rafforzare il Famine Prevention and Humanitarian Crises Compact, con l’obiettivo di utilizzare la diplomazia umanitaria per garantire un accesso sicuro e senza impedimenti agli aiuti, proteggendo al contempo i civili, gli operatori umanitari e le infrastrutture fondamentali nei conflitti.
  3. Mobilitare risorse adeguate per affrontare le gravi crisi alimentari a GazaLibano e Sudan, assicurando che gli aiuti umanitari arrivino senza indugi a chi ne ha più bisogno.
  4. Promuovere un cessate il fuoco immediato e permanente per fermare le violenze, arrestare la perdita di vite umane e prevenire ulteriori danni in queste situazioni critiche di fame e crisi umanitarie.

Giulia Carlini ha concluso il suo intervento, affermando: “Il G7 deve dimostrare che le parole si trasformano in azioni concrete. Solo così si potranno salvare vite e fermare il dramma della fame, garantendo che i civili non muoiano di fame.”

Chi è Azione Contro La Fame

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Azione Contro la Fame è un’organizzazione umanitaria internazionale che da 45 anni si impegna a garantire il diritto a una vita libera dalla fame. Con un’esperienza consolidata, l’organizzazione anticipa le emergenze legate alla fame e alla malnutrizione, cura i loro effetti e ne previene le cause. Ogni giorno, Azione Contro la Fame è attiva in 56 paesi, salvando la vita dei bambini malnutriti e rafforzando la resilienza delle famiglie attraverso interventi in cibo, acqua, salute e formazione.

Azione Contro la Fame guida la lotta globale contro la fame, introducendo soluzioni innovative e collaborando con le comunità locali. L’organizzazione mobilita governi e persone per realizzare cambiamenti sostenibili. Ogni anno, Azione Contro la Fame aiuta 21 milioni di persone, operando instancabilmente per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni vulnerabili in tutto il mondo.

A cura di Alessandro Frigerio
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