Oggi, 1° dicembre, nel mondo si celebra la Giornata mondiale contro l’AIDS — un’occasione per fare il punto su quanto si è fatto e su quanto resta da fare nella lotta al HIV e all’AIDS. I dati più recenti per il nostro Paese, resi noti a ridosso di questa ricorrenza, restano allarmanti: nel 2024 l’Italia ha registrato 2.379 nuove diagnosi di infezione da HIV, che equivalgono a circa 4,0 nuovi casi ogni 100.000 residenti.
Diagnosi e infezioni: numeri che non calano
Il dato — sebbene in linea con le medie recenti — rivela una situazione stabile, ma tutt’altro che positiva. A destare preoccupazione è soprattutto l’elevata quota di casi diagnosticati in ritardo. In molte persone l’infezione emerge (o viene scoperta) solo quando il sistema immunitario mostra segni di compromissione.
Questa tendenza complica enormemente la lotta al virus: una diagnosi tardiva significa ridotta efficacia delle terapie, maggiore probabilità di sviluppare AIDS, e un più alto rischio di trasmissione. Inoltre, le infezioni continuano a colpire molte persone giovani: una fetta significativa delle nuove diagnosi riguarda individui sotto i 29 anni.
Nei fatti, l’infezione non è scomparsa, e per molti resta una minaccia reale — nonostante l’accesso a cure e prevenzione oggi sia superiore rispetto al passato.
Diagnosi tardive e trasmissioni ancora attive
Secondo gli esperti, la trasmissione via rapporti sessuali rimane la modalità più comune. In particolare, nel 2024 circa il 46% dei nuovi casi riguarda persone eterosessuali, e il 41,6% uomini che fanno sesso con uomini.
Le diagnosi tardive rappresentano dunque un nodo cruciale: il 60% dei nuovi casi scoperti risulta diagnosticato in ritardo. Tra quelli che sviluppano AIDS, l’83,6% ha scoperto la propria sieropositività solo nei sei mesi precedenti la diagnosi.
Questa situazione compromette la capacità delle terapie di agire per tempo, riduce le chance di vita sana, e mette a rischio l’obiettivo di riduzione della trasmissione: non basta curare, bisogna individuare il prima possibile.
Terapie, prevenzione e difficoltà di adesione
In Italia oggi la cura con farmaci antiretrovirali offre la possibilità di trasformare l’HIV in una condizione cronica gestibile. Molte persone in trattamento raggiungono la soppressione virale, e questo le rende non infettive (principio “U = U”, Undetectable = Untransmittable).
In aggiunta alla terapia, le strategie preventive come la profilassi pre‑esposizione (PrEP) rappresentano un’arma efficace: se correttamente utilizzate, riducono drasticamente il rischio di infezione.
Tuttavia, la reale efficacia di queste armi dipende da accesso, informazione, aderenza e disponibilità: molti potenziali benefici restano in ombra a causa di disinformazione, stigma, diffidenza o mancanza di copertura territoriale.
L’impegno delle istituzioni e la mobilitazione pubblica
In occasione della Giornata, il Ministero della Salute ha rilanciato l’impegno istituzionale nella lotta all’AIDS. Per il 2025 lo slogan scelto è “Rethink. Rebuild. Rise”, a sottolineare la necessità di ripensare, ricostruire e rilanciare le strategie contro l’HIV.
Tra le iniziative previste: un convegno scientifico‑istituzionale promosso in collaborazione con l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani IRCCS (INMI), per fare il punto su prevenzione, diagnosi e cura. Sempre per oggi, nella capitale verrà proiettato un video sulla facciata di Porta Flaminia a Roma, per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impegno dello Stato.
Parallelamente, il servizio nazionale di assistenza e informazione per HIV e altre infezioni sessualmente trasmesse — il Telefono Verde AIDS e Infezioni Sessualmente Trasmesse gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) — resta operativo e attivo: nel 2025 riceve circa 25 chiamate al giorno, spesso da persone che lo utilizzano per la prima volta, e risponde a domande su trasmissione, test, terapia, stigma e supporto psico‑sociale.
Il numero dei centri in Italia in cui è possibile effettuare test HIV è oggi pari a 628, un dato che mostra come l’accesso ai test sia capillare, ma non sufficiente: serve informazione e fiducia per sfruttarlo realmente.
Perché oggi è necessario tornare a parlare dell’HIV
La Giornata mondiale contro l’AIDS serve a ricordarci che l’HIV non è un ricordo del passato: si tratta di una minaccia attuale. I numeri del 2024 mostrano che in Italia le nuove infezioni non sono diminuite in modo significativo, che molte diagnosi avvengono tardivamente e che il virus continua a colpire in particolare tra i giovani.
Servono con urgenza tre azioni complementari: sensibilizzazione, prevenzione ed accesso alla diagnosi e alle cure. Informare sui rischi, promuovere l’uso del preservativo o della PrEP, facilitare l’accesso al test e abbattere lo stigma: tutto questo fa la differenza. Anche perché ogni persona diagnosticata presto — e seguita con terapia — può vivere a lungo e non trasmettere il virus.
Inoltre, la lotta all’AIDS non riguarda solo le persone che vivono con l’HIV: riguarda la collettività, la salute pubblica, i diritti umani. Come ha ricordato il Ministero, la sfida di oggi richiede di ripensare e ricostruire — un impegno collettivo.
Per non abbassare la guardia, per non lasciare spazio a silenzi e ignoranza. Oggi più che mai, parlare di HIV significa proteggere vite — le nostre e quelle degli altri.