Un itinerario corporeo per chi vuole riscoprirsi attraverso ciò che sente
Vi siete mai chiesti se state davvero usando tutto ciò che il corpo vi mette a disposizione? Gli occhi che vedono, le orecchie che colgono i suoni, la bocca che percepisce i sapori, il naso che traduce l’aria in memorie, la pelle che registra ogni vibrazione del mondo: i sensi, quegli strumenti antichi e infallibili che abitano il nostro quotidiano, raccontano la realtà più di quanto facciano le parole. Con il tempo alcuni di loro si affievoliscono, ma non muoiono mai, si assopiscono. E se qualcuno, come l’olfatto, può rafforzarsi con un po’ di allenamento, tutti gli altri chiedono solo di essere rimessi in gioco. Ma da dove ripartire?
Il Museo dei Sensi in Viale Monte Grappa risveglia il corpo e la mente
In Viale Monte Grappa, al numero 10, nel cuore vivo di Milano, il Museo dei Sensi apre le sue porte e spalanca la percezione. Tre livelli di edificio si trasformano in un’esplorazione tangibile. Nessun luogo statico, nessuna esposizione da osservare in silenzio: qui si attraversa, si tocca, si ascolta, si vive. Gli ideatori, già attivi in altre città d’Europa, presentano il progetto come «un cammino sensoriale capace di cambiare il modo in cui si percepisce il mondo». Una dichiarazione forte, certo. Ma Milano ama le sfide audaci.

Museo dei sensi, via Monte Grappa 10,Milano
Un percorso immersivo che accende la coscienza fisica
L’ingresso rappresenta già uno spartiacque: le scarpe si lasciano indietro, si indossano calzini speciali che si illuminano sotto la luce UVA. Si cammina e si cresce, livello dopo livello, proprio come in un gioco. La “batteria” interna — che misura il grado di stimolazione sensoriale — si ricarica stanza dopo stanza. Si parte dal contatto, regno del tatto: superfici spigolose, lisce, graffianti, sorprendenti. Poi si entra in un labirinto di specchi, dove l’intuizione e la pelle diventano guide, in un gioco continuo tra immagini riflesse e corpi smarriti.
Caleidoscopio e Mirrage: due stanze, mille versioni di sé
Il Caleidoscopio trasforma il volto in una moltiplicazione infinita. Un invito a guardarsi con occhi diversi, a cogliere tutte le possibilità che la propria immagine contiene. I selfie, qui, diventano inevitabili — e non per narcisismo, ma per curiosità ontologica. La Mirrage, altra sala di specchi, ribalta la prospettiva e mostra come gli altri ci vedono davvero. Non ciò che crediamo di essere, ma ciò che proiettiamo fuori da noi. Lì si ride, si arrossisce, si resta in silenzio.
La Stanza Gialla, il Pinwall e il letto di chiodi: realtà che si trasformano
Nella Stanza Gialla, la luce monocromatica elimina ogni colore, creando un ambiente dove la mente, orfana delle sfumature, prova a ricalibrare ciò che definisce “reale”. Qui ci si misura con un vero letto di chiodi, e si scopre che il dolore ha più sfumature del previsto. Accanto si trova il gigantesco Pinwall, una parete composta da migliaia di bastoncini metallici che prendono la forma del corpo umano intero, come nei vecchi giocattoli da scrivania, ma in versione teatrale.
Infine, le scale infinite, un’illusione ottica degna delle opere di Escher, conducono in un viaggio senza fine apparente, una metafora perfetta della percezione: inganna, confonde, ma seduce.
Un’educazione sensoriale che si costruisce giocando
L’intero progetto si fonda sul principio dell’edutainment, parola che unisce gioco e apprendimento. Qui, però, il concetto non resta teoria: prende forma in ogni angolo del Museo dei Sensi. Si impara attraverso il corpo, si riflette mentre si sperimenta, si studia senza libri. Le installazioni si accompagnano a schede informative e guide specializzate, pronte a svelare ciò che c’è dietro a ogni stimolo. Le scuole trovano spazio e programmi dedicati, costruiti su misura per le diverse età e fasi scolastiche.
L’Europa ha già accolto il progetto con entusiasmo, e adesso tocca a Milano, città verticale e intensa, fare da laboratorio di percezione collettiva.
Risentire il mondo per imparare a viverlo davvero
Uscendo da questo viaggio sensoriale, non si torna semplicemente alla vita di prima. Qualcosa resta addosso. Una nuova consapevolezza, forse. O semplicemente la voglia di guardare, annusare, toccare con più attenzione. In un’epoca in cui tutto corre, fermarsi per ascoltare sé stessi attraverso ciò che si sente diventa un atto politico, un gesto umano e profondo.
Milano sceglie di credere ancora nel corpo come strumento di conoscenza. E noi possiamo scegliere di seguirla, senza scarpe, ma con tutti i sensi finalmente accesi.
A cura di Veronica Aceti
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