Il ritorno delle pubblicità delle scommesse sportive negli stadi italiani rappresenta una svolta significativa nel panorama sportivo e comunicativo del Paese. Con la fine del Decreto Dignità, che dal 2019 vietava ogni forma di promozione del gioco d’azzardo, i club sportivi possono ora tornare a ospitare brand legati al betting sui cartelloni a bordo campo, sulle maglie e nelle campagne ufficiali.
Ma quanto guadagnerà davvero lo sport da questa inversione di rotta? Secondo uno studio pubblicato da Giocoresponsabile.info, piattaforma dedicata all’analisi e alla sensibilizzazione sul fenomeno del gioco d’azzardo in Italia, il ritorno economico complessivo si aggirerà intorno ai 20 milioni di euro all’anno.
Una cifra modesta di fronte ai veri costi dello sport
Il dato, seppur significativo, appare ridimensionato se confrontato con le reali esigenze economiche dello sport italiano. Restaurare uno stadio, anche nelle serie minori, richiede investimenti che superano di gran lunga i 20 milioni. Alcuni progetti di ristrutturazione partono da cifre attorno ai 30-40 milioni di euro, senza contare gli impianti nelle grandi città, dove i costi lievitano ancora.
Anche i settori giovanili e lo sport di base, che necessitano di fondi per formazione, attrezzature e infrastrutture, non potranno beneficiare realmente di queste somme in modo strutturale. Il rischio maggiore? Una distribuzione poco trasparente dei proventi, dove i soldi finiscono per rafforzare i bilanci dei grandi club, lasciando indietro le realtà locali.
Il paragone con il bando “Sport e Periferie”
Nel 2024, il governo ha già stanziato 100 milioni di euro attraverso il bando “Sport e Periferie”, destinati a riqualificare impianti sportivi pubblici, soprattutto nelle aree più svantaggiate del Paese. Questo fondo, quattro volte superiore rispetto ai ricavi stimati dalla pubblicità del betting, mostra come l’intervento pubblico possa avere un impatto molto più ampio, inclusivo e trasparente.
La comparazione mette in luce un punto fondamentale: vale davvero la pena sdoganare un’attività rischiosa come il gioco d’azzardo per ottenere una cifra così contenuta?
Un prezzo sociale che nessuno può ignorare
Giocoresponsabile.info ha posto una domanda etica forte: che cosa si potrebbe fare con quei 20 milioni se li si investisse nella prevenzione e nella cura del gioco patologico? In base a stime recenti, una terapia per un paziente ludopatico costa tra i 2.000 e i 3.000 euro l’anno. Questo significa che con 20 milioni si potrebbero sostenere circa 7.000 pazienti in cura per un anno intero.
In Italia, oltre un milione di persone rischia di sviluppare dipendenza dal gioco. Reintrodurre la pubblicità in contesti popolari come gli stadi espone in particolare i giovani a messaggi normalizzanti, che potrebbero alimentare comportamenti a rischio.
Il futuro dello sport non può poggiare sul gioco d’azzardo
Il ritorno delle pubblicità delle scommesse negli stadi non rappresenta solo un tema economico, ma soprattutto una scelta di valori. Lo sport dovrebbe educare, unire e promuovere stili di vita sani. Affidarsi a fondi che derivano da un settore problematico come il betting mina la coerenza e l’etica dello sport italiano.
La vera sfida non consiste nel trovare scorciatoie finanziarie, ma nel costruire un sistema sportivo equo, sostenibile e responsabile, che non alimenti dipendenze pur di ottenere sponsor. La politica, le istituzioni sportive e l’opinione pubblica dovranno ora interrogarsi: a che prezzo vogliamo finanziare il nostro sport?
A cura di Martina Marchioro
Leggi anche: Cjarsòns.: la Carnia raccontata in dieci gustose tappe
Seguici su Instagram e Facebook!