Home Daynews24“L’IA non mi giudica”: la verità sulla Generazione Z

“L’IA non mi giudica”: la verità sulla Generazione Z

Mentre gli adulti restano indietro, i giovani italiani hanno già stretto un legame quotidiano con l'Intelligenza Artificiale: ecco perché la preferiscono e quali rischi corrono

by Davide Cannata
adolescenti e ai ph ai 4

In Italia esiste una generazione che dialoga, si confida e si sfoga con l’Intelligenza Artificiale molto più di quanto gli adulti possano immaginare. Non si tratta di “nerd” isolati nelle loro stanze, ma di giovani che si muovono tra connessioni reali e digitali con la stessa disinvoltura con cui respirano. Nell’IA hanno scoperto un interlocutore sempre disponibile, costantemente vigile e, soprattutto, mai giudicante.

A rivelarlo sono i dati recentemente pubblicati da Save the Children, che offrono un ritratto chiaro di un legame ormai spontaneo e quotidiano. Quasi la metà degli adolescenti (il 41,8%) ha cercato supporto nell’IA in momenti di tristezza, solitudine o ansia. Questa percentuale cresce ulteriormente quando si toccano temi cruciali come le scelte di vita, capaci di mettere sotto pressione anche gli adulti: relazioni, sentimenti, scuola e lavoro.

Il confidente che non giudica mai

Le ragioni di questo rapporto sono sorprendenti nella loro semplicità: l’IA è sempre accessibile. Il 28,8% dei giovani la indica come la sua qualità principale. Inoltre, si comporta bene, comprende, accoglie. Per un adolescente, che si muove in un mondo percepito spesso come brusco, questo rappresenta un conforto notevole. Non deve stupire che il 63,5% ritenga più appagante dialogare con ChatGPT che con un essere umano. Per molti di loro è una vera boccata d’ossigeno: nessun giudizio, nessuno sguardo sorpreso, nessun imbarazzo. Una relazione asimmetrica, certo, ma profondamente rassicurante.

adolescenti e ai ph ai 3

Adolescenti e AI PH AI

Il divario tra generazioni

Il gap generazionale è palese: il 92,5% dei ragazzi fa uso dell’IA, contro appena il 46,7% degli adulti. È un vero abisso. Gli adolescenti la interpellano ogni giorno; gli adulti, nel migliore dei casi, se ne ricordano “occasionalmente”. La realtà è che i giovani stanno già abitando un mondo che gli adulti osservano ancora da lontano, con un misto di sospetto e confusione. E mentre gli adulti predicano “cautela”, gli adolescenti hanno bisogno di risposte. Non trovandole sempre nelle relazioni umane, si rivolgono dove qualcuno è disposto ad ascoltarli.

Fragilità e contraddizioni della generazione digitale

Lo scenario emerso dalla ricerca di Save the Children descrive una generazione che si muove velocemente, ma che inciampa di frequente. Quasi la metà ha vissuto esperienze di cyberbullismo. Un ragazzo su otto ha fatto uso di psicofarmaci senza prescrizione medica. Oltre il 30% sperimenta episodi di iperconnessione che rasentano l’abuso. Il divario di genere, inoltre, è una ferita aperta: i ragazzi affermano di avere un buon equilibrio psicologico nel 66% dei casi, mentre per le ragazze la percentuale crolla al 34%. Una forbice che non ha eguali in Europa.

Questa generazione, spesso definita “fluida” e “digitale”, si rivela molto più fragile di quanto si pensi. Cerca ascolto, spazio e vie di fuga. E l’IA, con la sua apparente neutralità, finisce per occupare un vuoto che dovrebbe essere riempito dagli adulti, dalla scuola e dalle istituzioni.

Un appello al mondo degli adulti

Il fenomeno non va demonizzato: i ragazzi utilizzano l’IA perché non percepiscono alternative adeguate. Save the Children invia un messaggio forte e chiaro: servono più servizi dedicati alla salute mentale, maggiore educazione alle relazioni e più spazi fisici dove i ragazzi possano incontrarsi, parlare realmente e vivere esperienze concrete.

È un appello al mondo degli adulti, affinché si assuma la responsabilità di essere presente e non abbandoni la scena a strumenti tecnologici creati per altri scopi. Gli adolescenti parlano con l’IA perché non si sentono ascoltati abbastanza dagli esseri umani. Non è una colpa loro. Non è una colpa di nessuno. Ma è un segnale che non possiamo più ignorare.

A cura di Davide Cannata

Leggi anche: Il giro del mondo a piedi, l’incredibile storia di Pieroad

Seguici su: Instagram e Facebook.

error: Il contenuto è protetto!!