Emerge una nuova fobia tra gli italiani: la “sindrome dello spiato”. Un recente studio dell’“Osservatorio Argo per la Sicurezza Digitale” ha stilato la classifica degli ‘incubi tecnologici’ moderni. Sorprendentemente, un italiano su tre vive con l’ossessione di essere osservato dalle telecamere all’interno della propria casa. Questa preoccupazione supera persino il timore per l’Intelligenza Artificiale, mettendo smartphone e allarmi connessi sul podio delle ansie. Qualche esperto la definisce già la ‘sindrome Stefano De Martino’, in riferimento al presunto episodio di spionaggio ai danni del presentatore e della fidanzata Caroline Tronelli, dove un attacco hacker avrebbe violato i sistemi di sorveglianza dell’abitazione, diffondendo poi le immagini.
La classifica delle paure digitali
Matteo Adjimi, esperto di cybersecurity e direttore dell’Osservatorio, sottolinea come molti dispositivi, inclusi videocitofoni e sistemi di videosorveglianza, siano “esposti a internet e troppo spesso privi degli adeguati aggiornamenti di sicurezza”. La ricerca, condotta da Argo Spa su un campione di 500 cybernauti, rivela una graduatoria precisa: al primo posto dominano gli smartphone (39%), veri centri di controllo della nostra vita (microfono, fotocamera, GPS) facilmente vulnerabili a spyware e trojan. Seguono le telecamere domestiche e gli allarmi (33%), spesso accessibili tramite motori di scansione come Shodan a causa di credenziali deboli. La lista prosegue con microspie (28%), smart speaker (23%), reti Wi-Fi domestiche non protette (21%) e veicoli connessi (19%). Sorprende notare come l’AI nella posta elettronica preoccupi solamente il 5% del campione.
L’analisi psicologica: tra paranoia e vulnerabilità
Secondo Matteo Adjimi, questi timori non rappresentano “paure irrazionali”, ma “realtà quotidiane, silenziose e pervasive”, che impongono consapevolezza e verifica tecnica. Ma quale è l’impatto psicologico di tutto ciò? La Dott.ssa Serenella Salomoni ipotizza che possa essere “l’anticamera della paranoia”, legata a tendenze personali e all’educazione. Le fa eco la psicologa Samantha Vitali, che identifica il fenomeno come un mix di due fattori: una base reale (i casi di hackeraggio esistono) e un aspetto psicologico. Il senso di vulnerabilità e la perdita di controllo di fronte alla tecnologia onnipresente “può generare ansia, ipervigilanza” e una diffidenza cronica, trasformando il desiderio di protezione in una sensazione di essere costantemente sotto osservazione.
A cura di Davide Cannata
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