Dolcetto, scherzetto e verità
Ogni anno, puntuale come un segreto che ritorna, arriva Halloween.
E gli adulti fanno quello che fanno sempre: fingono che sia una festa “per bambini”, una moda americana, una scusa per comprare costumi e zucche fluorescenti.
Ma in realtà, Halloween è una seduta collettiva di psicanalisi travestita da gioco. È la notte in cui accettiamo — per una volta — di convivere con ciò che ci spaventa.
Dietro ogni maschera c’è una domanda antica: cosa mi fa davvero paura?
La morte? Il tempo? Il cambiamento? La solitudine?
E forse travestirsi da strega o da vampiro non è altro che un modo per dire: oggi comando io, anche sulla mia paura.

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L’origine vera (e mai detta)
Halloween non nasce nei centri commerciali, ma nei campi nebbiosi d’Irlanda, durante il Samhain, la festa celtica che segnava la fine dell’estate e l’inizio del buio.
Si pensava che in quella notte il confine tra i vivi e i morti si assottigliasse, e che le anime tornassero a camminare tra noi.
Non era terrore, era rispetto. Una tregua tra mondi.
Oggi quel senso del mistero si è perso, inghiottito da gadget e zuccheri, ma il bisogno resta lo stesso: dare un volto alle paure, per poterle guardare negli occhi.
La paura come bussola
Viviamo in un’epoca che odia la paura. La teme, la nasconde, la anestetizza con serie tv, notifiche e pillole.
Eppure la paura è l’istinto più onesto che abbiamo: ci ricorda che siamo vivi, vulnerabili, umani.
Chi non ha paura, non ha immaginazione.
Per questo Halloween funziona: è un rito popolare che restituisce dignità al brivido, che ci permette di giocare con l’oscurità senza esserne divorati.
Le nuove maschere
Le maschere di oggi non sono più di lattice o cerone. Sono i filtri dei social, le identità digitali, le vite perfette su Instagram.
Non ci travestiamo più da mostri per spaventare gli altri, ma da persone felici per non far paura a noi stessi.
E allora forse Halloween andrebbe preso come un piccolo antidoto: una notte di verità in costume.
Un’occasione per dire: “Sì, ho paura. Ma so danzare anche con lei.”
I bambini lo sanno già
Guardateli, i bambini. Ridono, corrono, bussano alle porte chiedendo dolci come se la vita fosse un gioco a premi. Ma nel loro modo di affrontare la notte c’è una lezione che noi adulti abbiamo dimenticato: la paura non si scaccia, si addomestica.
Ogni “dolcetto o scherzetto” è un patto con l’ignoto.
E noi dovremmo tornare a farlo, ogni tanto.
La notte che ci salva
Halloween non è la festa dei morti. È la festa di chi non vuole morire dentro.
È un promemoria per ricordarci che la luce serve, ma anche il buio ha il suo posto.
Che ogni ombra racconta una storia, e che affrontarla — magari con una candela in mano e un sorriso ironico — è il primo passo per ritrovare il coraggio.
Perché in fondo, l’unica cosa più spaventosa della paura…è dimenticare di averla.
A cura di Veronica Aceti
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